Ricordi di una ex pastorella camuna, di Carla G.

30.12.2014 09:53

Ricordi di una ex pastorella camuna

Si sa che nella vita di ogni persona vi sono tappe obbligate che tutti percorriamo, con varianti più o meno ampie e con sfumature più o meno intense. Ecco il primo vagito quando ti affacci sul mondo, le mille smorfie che san di sorriso, le molteplici sonore lallazioni come volessi tenere una conferenza all'intero universo umano, il goffo muovere i primi incerti passi ecc. ecc. e via verso la tempestosa adolescenza. Ad una certa età poi, dopo lunghe esperienze di vissuto, di lavoro, di famiglia, di chiari-oscuri, di vittorie e sconfitte qualcosa ti spinge a volgere indietro lo sguardo mentale ed affettivo, quasi dovessi fare il bilancio della situazione. Per poter delineare nuovi percorsi al tuo futuro forse; per lasciare traccia del tuo passaggio anche; ma soprattutto, raccontarti ad un ipotetico ascoltatore è come voler prolungare all'infinito i fili della vita che ti rimane da vivere. Ecco allora il ricorso al ricordo che spesso, parrebbe strano, rende più nitidi e palpabili i tempi lontani rispetto al tuo ieri ed al tuo oggi. Così Irene, (preferisco per ora usare il suo secondo nome), in un baleno si trova bambina a fare la pastorella sui pascoli di Rédola. Sta vigilando le sue compagne di percorso: la Bruna, l'Albina, la Pìcol, la Fiorina... di razza bruna-alpina. Devono rispettare i confini della proprietà e brucare non solo l'erba alta. Per questo urge, a volte, una “svirgolata” di bastone per intimare il dietro-front e una manciata di sale tra le rugose e bavose ”fauci” per stimolare l'appetito ed invogliarle a “rapare a zero” il prato. Durante le ore più calde le chiude nella stalla per raggiungere di corsa, quasi a perdifiato, altri pastorelli vicini tra loro, ma piuttosto lontani da lei. Per questo soffriva molto di solitudine. A Mandòss, invece, si sentivano grida felici di ragazzi che, come saette, giocavano a ”bandiera”. Si immergeva così tanto nel gioco, nel far le finte all'avversario, col suo “piè-veloce”, che il tempo volava via in un soffio. Spesso la faceva franca, ma a volte al ritorno trovava la stalla vuota. Sì, proprio così! Quando nuvoloni neri carichi di pioggia minacciavano di scaricarsi con fragore, Irene scrutava impaurita in lontananza oltre i boschi di nocciolo, nella speranza di scorgere la “sagoma“ di un uomo. Sì, in questo caso Giacomo rappresentava una protezione, una sicurezza, mentre quando il sole brillava alto nel cielo forse avrebbe preferito aprire lei la stalla. Giacomo era il suo vicino di casa, sue erano le mucche, lui aveva aperto loro la porta per riaccompagnarle al pascolo… Ma era nonno, perciò sapeva capire i bisogni di una bimba! La pastorella non era tale per mestiere, era solo ”a prestito” nei periodi estivi; non aveva mai avuto vacche sue, solo conigli e per pochi anni la”Ciurì”, una simpatica belante capretta. Un bel giorno, tuttavia, sentì di aver titolo per partecipare alla ”Festa dei pastorelli”, la prima e forse unica che si tenne in Valcamonica. Era diventata infatti una bambina affidabile, non aveva più paura dei temporali, sapeva “governare” le mucche nei tempi stabiliti, le portava all'abbeveratoio e aveva imparato perfino a mungerle zampillando e schiumando il latte nel secchio, appoggiata su un traballante sgabello. Il raduno si teneva a Cemmo presso la Suore Dorotee. Lì giunte, accompagnate dalle suore del paese, Dorotee esse stesse, la prima grande sorpresa, quasi quasi, le fece sentire fuori posto: cosa facevano due bambine in mezzo ad una chiassosa marea di maschietti? Sì, erano tutti e solo maschi tranne Irene e l'amica che, lei sì, aveva mucche proprie. Si sa che, nonostante la potenza delle donne, il ruolo di pastore era ed è una prerogativa maschile, per tutti i disagi cui si va incontro, per le energie che sono necessarie. E sapevano le due “intruse”, avvisate dalle suore, che forse sarebbero state le sole. Ma era una grande occasione loro offerta per varcare gli stretti confini dell'angusto paesello; chissà cosa avrebbero potuto vivere! Se ne stavano lì intimidite e perplesse, quando una giovane bella signora che accompagnava per mano la figlia le accolse con un grande sorriso e chiese affettuosamente di poter affidare loro la piccola Stefania. Si chiamava Rita, era venuta da Brescia appositamente per promuovere l'evento e distribuire i doni; la sua inflessione e i suoi modi raffinati sapevano di signorile, sapevano di cultura. Le nostre due protagoniste si sentono ora al posto giusto, col privilegio di far divertire e protegger la figlia della “signora” dalla roboante festosa baraonda formata da decine e decine di ragazzi. Si legge, infatti, negli archivi delle Suore quanto segue: “Il giorno 15/06/1961 uno strano convegno ha avuto luogo quì nella nostra Casa Madre: duecento bambini raccolti nei paesi della valle, hanno fatto festa con un buon pranzo ed una lieta merenda ricevendo un'ottima accoglienza e, alla fine, un regaluccio individuale portato dal Centro di Brescia. Ha avuto luogo la S. Messa ed un fervoroso sermoncino adatto alla loro età e al loro compito estivo: ”il pastorello trova i suoi pericoli per il corpo e per l'anima, bisogna dunque conoscerli per evitarli”. La benedizione eucaristica ha posto fine alla giornata-convegno dei piccoli pastori valligiani.” Fu veramente una festa memorabile per quei tempi, direi, e se si voleva riconoscere e valorizzare il lavoro di bambini che avevano imparato troppo presto a ”guadagnarsi un pezzo di vita”, con quella giornata divertente e piena di stimoli nuovi, Rita e l'Ente che lei rappresentava ci riuscirono appieno, anche grazie alla disponibilità delle Suore Dorotee di Cemmo che misero a disposizione spazi e strutture capienti. La sollecita collaborazione di suor Eurosia ha permesso oggi di trovarne traccia negli archivi del loro Istituto: era accaduto esattamente 50 anni fa! Chissà se qualche altro pastorello di quel tempo se ne ricorda!? Finisce qui, per scelta personale, il sintetico ricordo della bimba nelle vesti di pastorella. Con la velocità di un lampo, Irene dovette dire addio a pascoli e a monti quando… “UN GRANDE PESANTE CANCELLO SI CHIUSE ALLE SUE SPALLE…” (fine della prima parte).

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